Il 21 dicembre è avvenuto il Solstizio d’Inverno che ci ha introdotti nell’ultima stagione dell’anno, quella fatta di celebrazioni, feste e rituali. Intorno al 25 dicembre, data simbolica nella quale il cristianesimo festeggia la venuta al mondo di Gesù, moltissime culture hanno, nei secoli, festeggiato la nascita delle loro divinità: nell’antico Egitto si festeggiava la nascita del Dio Horo e di Osiride, nel Messico pre-colombiano nasceva il Dio Quetzalcoath, per gli aztechi era tempo per festeggiare la nascita di Huitzilopochtli, nello Yucatan quella di Bacab, mentre nell'antica Grecia nasceva il Dio Bacco, nonché Ercole e Adone o Adonis. Inoltre, tra le divinità nate nel solstizio d'inverno troviamo tra le genti del Nord, tra i vichinghi, il Dio Freyr, così come Zarathustra in Azerbaigian, Buddha in Oriente, Krishna, in India, Scing-Shin in Cina, il Dio Mithra persiano, Tammuz a Babilonia.
Tutto potrebbe farci pensare ad un periodo di grandi feste ed in parte è vero, ma guardando più a fondo tutte queste nascite portano con sé il simbolismo della genesi della Fede, della Luce, della salvezza.
Il Dio, la Divinità, è colui che porta saggezza, parole di pace, salvezza e speranza laddove regna l'oscurità. Il Cristo, la divinità, è presente come scintilla, potenzialità di luce ed illuminazione presente in ognuno di noi: attraverso la fede, il cammino spirituale, l’offerta del nostro cuore come dono che riafferma il miracolo della vita, la conoscenza incontra l’amore e la scintilla diviene fiamma. Il seme divino è sempre pronto a sbocciare in noi.
Con l'autunno le giornate si sono accorciate sempre più, gli alberi hanno perso le foglie, gli animali sono andati in letargo o si sono adoperati per fare scorte di grasso per superare i lunghi giorni freddi, spesso la nebbia ha ricoperto l'orizzonte. Tutto tace. In apparenza. Sotto la nebbia, sotto la neve, la Vita raccoglie le forze per poter fare capolino. E’ il sole bambino che nasce dopo la morte del vecchio sole: il Re oscuro, il vecchio sole, muore e si trasforma nel sole bambino che rinasce dall’utero della Dea, la Vergine, l’alba della grande Madre Terra che da alla luce il Sole Dio. La Dea è la vita dentro la morte, dentro al gelo dei giorni invernali, nelle gemme nascoste sotto alla neve.
Dalle antiche tradizioni, il fuoco è sempre stato al centro dei riti che accompagnavano questi giorni ricchi di valenze simboliche: il ceppo di Yule per proteggere la casa dagli incantesimi e le forze maligne, il falò acceso per sostenere gli sforzi del Sole per non arrendersi al buio e tornare a splendere, la candela portata dagli uomini alle donne che attendevano immerse nell’oscurità. Questo simbolismo non solo chi ricorda una profonda connessione con la natura, ma anche all'interno della comunità: tutti collaborano a tenere vivo il fuoco, tutti partecipano a bruciare ciò che oramai non serve più. Oggi addobbare l’albero di Natale e la casa con le luci inondando la città di riflessi colorati ricorda il grande rituale del falò dell’abete, che in alcune popolazioni durava fino alla Befana, nel quale simbolicamente si bruciavano le negatività del passato.
Importante ricordare anche il valore delle ceneri: esse servivano per fertilizzare i campi. Il vecchio, ciò che era stato bruciato e abbandonato, una volta sacrificato al fuoco, tornava alchemicamente ad essere nutrimento e vita. In un meraviglioso ciclo di vita e morte, che ricorda come nulla è superfluo e come tutto conservi in sé un tesoro infinito.
L’inverno è il momento per l’introspezione, per sognare, meditare, proteggere, pianificare i cambiamenti che sbocceranno in primavera e prenderanno forma fino al solstizio d’estate.
Nella tradizione degli Arcani Maggiori, due sono i Tarocchi che storicamente vengono associati all’inverno: il Bagatto e l’Appeso. Il Bagatto, il numero 1, rappresenta l’essenza dell’uomo la cui missione è conseguire l’unione tra spirito e materia. Ha davanti a sé tutti i simboli del potere materiale e di principi per intraprendere la trasformazione alchemica del metallo in oro, creando l’unione, il principio di tutte le cose connesso all’infinito che porta sulla sua testa, quell’infinito che caratterizza il movimento di elevazione spirituale dell’uomo che è in cammino. L’1, l’inizio, ma al contempo l’infinito. Tutto davanti a sè, ma sta a lui stesso decidere come e se trasformare ciò che la vita gli ha donato in un grande tesoro. L’Appeso, anche lui un giovane giovincello, ma questa volta a metà del suo cammino, al numero 12, si trova immobilizzato, in attesa di un rinnovamento, di una conversione, di un processo d’iniziazione trasformativa. Può decidere se disperarsi o se percorrere la strada dell’accettazione: accettando il freddo, la pioggia e la neve, l’inverno, le fatiche, l'immobilità fisica permetterà il rinnovamento totale del proprio essere, scoprendo che la propria anima ed il suo spirito sono liberi di lavorare all’interno, nel profondo. Maturità, presa di consapevolezza, introspezione e cammino sono quello che ci suggeriscono gli Arcani in questo periodo dell’anno.
Analizzando la tradizione sciamanica, nella ruota di medicina è nel Grande Nord che risiede l’inverno. Rappresenta il colore bianco, i popoli e le tradizioni del Nord, il sole di mezzanotte, il quarto di luna calante, il tempo dell’anziano, la saggezza, la terra e la sua intelligenza naturale. Nella ruota di medicina, davanti alla porta del Nord, il camminante contempla il fluire di tutte le cose, comprendendone le leggi cosmiche. Guidato dal bianco lucente incastonato nel cuore della stella polare del firmamento e dalla voce dei suoi antenati riflette sulla vita e la bellezza che lo circonda, onorando Padre Sole, Madre Terra ed il suo cuore. E’ nel Nord, nell’inverno, che siamo invitati ad uscire dalla trance quotidiana, rompere gli automatismi e risvegliarci attraverso l’arte dell’intento.
Questo intento non solo ci guida nelle azioni che andremo a intraprendere nel nuovo anno, ma ci ricorda con fermezza l’impegno personale che dobbiamo mettere in consapevolezza per camminare il sentiero della vita. Il fuoco non si mantiene acceso da solo. I cambiamenti non acquistano forza in solitudine. Con maturità dobbiamo decidere in cosa investire le nostre forze, dove dirigere i nostri pensieri, quali energie coltivare. Solo soffiando sulla brace il fuoco potrà ravvivarsi.
Anche l’astrologia ce lo ricorda.Il 21 dicembre 2020 non solo vi è stato il solstizio, ma anche la congiunzione di Giove e Saturno a 00° 29’ nell’Aquario: non si riunivano da vent’anni, non si incontravano in un segno d’aria da duecento anni, non erano così vicini da trecentonovantasette anni e non erano visibili ad occhio nudo da ottocento anni. Un evento che per molti segna una nuova Era, quella famosa Era dell’Aquario che tanto abbiamo sentito nominare.
Ma nulla avviene per magia. Questa è l’epoca in cui si lavora per espandere (Giove) la stabilità (Saturno) della società (Aquario). Detto questo risulta chiaro che non possiamo immaginarci che da domani tutto risplenda magicamente e tutto passi, ma al contrario dobbiamo ancora una volta rimboccarci le maniche e lavorare in sincrono per creare una società migliore e più stabile. E lo sappiamo, ci vorranno anni.
Ogni giorno domandiamoci come sta la nostra energia, cosa stiamo facendo per tenere accesa la nostra fiammella e cosa stiamo facendo per alimentare la fiammella collettiva. Chiediamoci che ruolo abbiamo nella società e in che modo stiamo contribuendo al bene comune.
Ma soprattutto lasciamo che il Dodicesimo Ciclo Lunare, quello appunto del mese di Dicembre, ci insegni l’arte del Ringraziare. Quando ringraziamo creiamo spazio nelle nostre vite per accogliere l’abbondanza del futuro. Essendo grati per tutto ciò che sperimentiamo nella vita ci insegna ad imparare come ogni lezione che incontriamo sul nostro cammino porti guarigione: ogni esperienza, ogni ostacolo, ogni incontro, per quanto difficile, ci mostra come sviluppare la nostra forza interiore.
L’importanza dei rituali e delle celebrazioni riporta a questo: prenderci del tempo per celebrare i doni ricevuti nelle nostre vite. In questo Natale un poco atipico, chiusi e ristretti nelle nostre possibilità, approfittiamone per viverlo con più tempo, meno stress e più sacralità, dando finalmente spazio agli affetti più cari e sentiti: ricordiamoci che ogni celebrazione se eseguita in maniera meccanica e consumistica, senza felicità nel cuore non mostrerà reale gratitudine e non porterà guarigione nei nostri cuori.
Quando celebriamo chi siamo e ringraziamo per le vite che stiamo conducendo, apriamo i nostri cuori a continuare il processo di guarigione di esseri pienamente umani. In ogni esperienza della nostra evoluzione spirituale troviamo un pezzo di verità che ci conduce un passo in avanti sul nostro Sentiero della Pace individuale. Ringraziare per ogni vittoria che raggiungiamo e incoraggiare gli altri lodando le loro vittorie assicura che l’umanità si muova continuamente verso l’unità.